Le pietre raccontano

per agros centuriatos

A raccontare la storia antica, nobile e difficile, a testimoniare il passato sono le scritte latine con tanto di nomi e date, visibili a tutti. “a Ercole” si legge su un’ara votiva ad Usseglio, “a Giove” si legge su un’altra.  Una rete di sentieri, mulattiere, di bealere e scolatoi fognanti tipiche del sistema romano rimangono ancora oggi visibili, se pur in tracce sporadiche. Nella vasta area attorno alla città di Augusta Taurinorum, tra le pendici delle preAlpi e la curva del Po, i Romani avevano stanziato, nel I secolo a. C., ben 35mila uomini o poco più, organizzati in una pertica agraria, Gromatici Veteres, che sapevano far rendere le terre attraverso la costruzione di stratellae e fossae. E’ ancora rimasto il nome Rocca Vennoni, al Pian della Mussa, nel comune di Balme, derivato dalla gens Vennonia che lassù conduceva i pascoli dalla pianura. E’ un’area utilizzata come serbatoio di messi, oltre che di uomini ed ancora oggi ve ne è traccia nei cognomi.

Per agros, si tratta in questo caso di un ager centuriato, delimitato da quello eporediese da un lato, da quello carmagnolese dall’altro. Nessun muro di cinta ma solo campi coltivati di cui i legionari, passando, avrebbero goduto. Campi coltivati per il rifornimento di truppe che avevano valicato l’Arnàs e l’Autaret, fieno ed erba per i loro armenti e ancora contadini e famiglie disponibili ed accoglienti. Erano chiamate dai Romani, cellae, piccoli depositi utili alla sussistenza dei consoli e delle loro milizie e se ne contavano tante in pianura quante in montagna. Anzi, le più organizzate erano proprio in montagna, dove i Romani avevano sottovalutato le forze di Annibale nel 218 a.C.

Quella volta i Romani patirono lo straniero e Torino fu distrutta ma successivamente, da Usseglio al Pian della Mussa, i Romani presero ad organizzarsi meglio.

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