Fotografare un negativo: l’esperienza Sindone
Avvocato, amministratore pubblico, membro di varie società eppure quando si fa il suo nome… lo si associa al suo passatempo da fotografo. Anzi, ad una fotografia sola: quella scattata alla Sindone!
Un fotoamatore nato nel 1855 ad Asti, città in cui si impegnò come amministratore, fu consigliere comunale e sindaco in quella città che ancora ne conserva molte sue fotografie presso l’Archivio storico comunale di Asti (Fondo Pia), ed il Seminario vescovile di Asti. Torino stessa ne conserva al Museo nazionale del cinema (Mole antonelliana), presso la Confraternita del SS. Sudario e la Soprintendenza per i Beni Artistici e storici del Piemonte e la Biblioteca Reale di Torino.
Fu lo zio materno Orazio Mussi ad insegnargli l’arte della fotografia e fu lo stesso zio a regalargli, al compimento della maggiore età (1876) il primo apparecchio fotografico. Fu un amore a prima vista e il giovane Pia seppe usare la macchina fotografica in ogni segreto, ottenendo risultati di elevatissimo livello qualitativo. Un fotografo in itinere che attraversava il Piemonte a bordo di un carro trainato da buoi, sul quale era montato il laboratorio necessario alla preparazione e all’immediato sviluppo richiesti dalle lastre al collodio umido. E non solo Piemonte. Pia arrivò in Valle d’Aosta alla ricerca di monumenti e luoghi fino ad allora quasi sconosciuti e fotografò non solo chiese ed edifici ma anche affreschi e particolari quali mobili, portoni e serrature, tutti i particolari che divennero i suoi soggetti preferiti iniziando così una sorta di catasto del patrimonio piemontese. Le foto le regalava. Quasi impensabile oggi! Certo, oggi si pubblicano con copyright ma più di cento anni fa… L’avvocato Secondo Pia però era di origini nobili di famiglia facoltosa, (erano proprietari del castello presso il Mombarone) e non ricavò mai nulla, se non soddisfazione, da quello che per lui fu sempre e solo uno svago. Tra le migliaia di diapositive in bianco e nero, ce ne furono 300 a colori che il Pia realizzò da lastre Autochrome Lumière, e datate agli inizi del Novecento.
Nel 1898 ci fu, nel Duomo di Torino, una Ostensione della Sindone. Umberto I concesse (su suggerimento di don Natale Noguier de Malijai, insegnante di fisica presso il liceo Valsalice) al barone Antonio Manno il permesso di fotografare la sindone. L’impresa non sarebbe stata facile, se non altro per le dimensioni di quel Telo ma per il fotografo dilettante non ci furono difficoltà. Il 28 maggio, antepose ai fari che illuminavano la Sindone due vetri smerigliati, in modo da diffondere e uniformare la luce, e nel pomeriggio del 25 maggio impressionò le prime lastre di prova. Dopo i primi due scatti il calore dei fari provocò la rottura dei vetri smerigliati e Pia dovette interrompere il lavoro. Tanto bastò al fotografo per comprendere appieno l’importanza di quel lavoro: un volto umano, in positivo, aveva preso forma sulla lastra di vetro: l’immagine impressa sul Lenzuolo, la Sindone, altro non era che un gigantesco negativo fotografico!
L’avvocato Pia descrive la sua scoperta, in una memoria inviata, in francese, ad Arthur Loth che la pubblicò in un suo articolo del 1907, La photographie du Saint Suaire de Turin, p. 17-21: “Esposi due lastre cm 50×60, una con posa di 14 minuti e l’altra con posa di 20 minuti, usando un obiettivo Voigtländer con diaframma da due millimetri. Anteposi all’obiettivo un filtro giallo molto chiaro usando lastre ortocromatiche di marca Edward sviluppate in una normale soluzione di ossalato ferroso, senza alcuna speciale preparazione chimica che potesse in qualche modo alterare l’abituale risultato dello sviluppo. Chiuso in camera oscura, tutto intento al mio lavoro, ho provato una fortissima emozione quando durante lo sviluppo ho visto per la prima volta apparire sulla lastra il sacro volto, con tanta evidenza che ne rimasi stupito e anche lieto, perché da quel momento potevo avere la certezza del buon esito della mia impresa”.
In quel momento il Pia non era solo. Con lui un aiutante con il nipote. Tutti attoniti ed in silenzio. Poi l’avvocato fotografo disse all’aiutante: Varda, Carlin, se sossì a l’è nen un miràcol!” (Guarda, Carlino, se questo non è un miracolo).
Sulla facciata della casa dove Secondo Pia sviluppò le prime lastre, si possono leggere queste parole, incise su una lapide: “In questa casa, il 25 maggio 1898, l’avv. Secondo Pia sviluppò la prima fotografia della Sindone. Qui accorsero, richiamati dalla sorprendente rivelazione del negativo fotografico, autorità e studiosi per rendere omaggio alla grande capacità dell’instancabile e disinteressato fotografo del Piemonte e della Sindone. Il 25 maggio 1998 la Confraternita del SS. Sudario di Torino pose questo ricordo”.